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Santa Maria di Stignano – San Marco in Lamis

Pubblicato da Redazione Gargano.it il 4 Giugno 2015
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Una gentile leggenda narra che San Francesco d’Assisi, nel 1216, passando per la valle di Stignano diretto alla Grotta dell’Arcangelo Michele, sia rimasto estasiato per l’amenità del luogo, per la sua luce, per la maestosità delle montagne verdi e severe, per la feracità del suolo, il profumo dell’aria, i colori dei fiori. Si dice che, commosso, abbia benedetto i frutti di questa terra. Si tratta certo di una leggenda, ma è necessario ricordare che Stignano è terra di leggende e di benedizioni, come lo è di fatti terribili e drammatici. Situato all’ingresso dell’ampia valle che si apre a nord ovest sulla sconfinata pianura del Tavoliere, dove la strada comincia ad inerpicarsi, il santuario rappresenta la porta settentrionale del Gargano dei santuari. La “Via Sacra Langobardorum” entra nel vivo con una tappa densa di altissima spiritualità mariana e francescana. Stignano è il luogo da cui il pellegrino incomincia il suo vero cammino penitenziale fatto di sofferenza, ma anche di intensa gioia. La leggenda dice che Leonardo di Falco, povero e cieco, originario di Castel Pagano, nelle sue peregrinazioni di mendicante un giorno s’addormentò sotto una quercia. Gli apparve la Vergine Santissima che gli indicava, poggiata sui rami di un albero, una statua raffigurante la Madre di Dio col Bambino. Il cieco, riacquistata la vista, raccontò tutto ai sacerdoti di Castel Pagano, i quali, in processione, vennero a rilevare la sacra immagine. Sul luogo venne costruita una cappelletta, di cui parla un documento del 1231, divenuta subito meta di pellegrinaggi. Nei pressi della chiesina i pellegrini abruzzesi e molisani diretti alla Grotta dell’Arcangelo Michele sostavano per una preghiera e un modesto ristoro. Agli inizi del sec. XVI un certo fra Salvatore Scalzo, dopo aver peregrinato a lungo, insieme ad alcuni compagni, prese dimora presso la cappelletta. Ma poco dopo la piccola comunità abbandonò il cenobio. Nel 1515 Ettore Pappacoda, feudatario della zona, costruì la bella chiesa che oggi si ammira in seguito completata dalla stupenda cupola. Durante il sec. XVI il santuario fu dato ai Frati Minori Osservanti. Con la loro venuta il Santuario cominciò ad essere conosciuto anche in tutto il Tavoliere e sul Gargano. I frati si facevano apprezzare per la vita densa di preghiera e di opere. La storia ricorda fra Ludovico da Corneto “formidabile nemico dei demoni, il quale, per la sua estrema semplicità e per la costante sua preghiera, ottenne da Dio enorme potere contro quelli”; così ricorda il Wadding nei suoi Annales Minorum. Tra i secoli XVI e XVII il complesso santuariale e conventuale ebbe la sua attuale conformazione. Fu completata la chiesa con la cupola e il campanile. Fu rifinita la bella facciata della chiesa con la meravigliosa lunetta del portale maggiore raffigurante la Vergine Madre di Dio. Il calcare rossiccio della facciata riempie al tramonto la valle di una luce calda che penetra nell’intrico delle querce, degli olmi e degli olivastri e trasmette il senso di una presenza familiare e trascendente al tempo stesso: la Madre di Dio benedice la teoria dolente e piena di speranza dei pellegrini che s’inerpicano su per le balze odorose del Gargano. Il convento, costruito intorno ai due chiostri porticati, venne concepito “ad hoc” per i francescani con ampie sale per i laboratori, i magazzini, la biblioteca, i luoghi di riunione. I dormitori, tutti posti al piano superiore, sono pieni di luce in faccia alla campagna sconfinata. La natura penetra da ogni parte. Il convento di Stignano si distingue dagli altri luoghi francescani della Capitanata. Questi ultimi propongono un modello costruttivo legato al periodo iniziale della Provincia Osservante di Sant’Angelo, esprimente un tipo di organizzazione e di spiritualità essenziale, austera e verticale. Il convento di Stignano rappresenta, invece, l’inserimento di un movimento duttile e versatile come quello francescano nella temperie culturale rinascimentale, dove tutto è relazione e dialogo. Fu concepito, infatti in rapporto alle nuove esigenze della Provincia Monastica e a quelle specifiche del luogo. I Frati Osservanti della Provincia di Sant’Angelo tra la seconda metà del sec. XVI e gli inizi del XVII stavano sperimentando nuovi orizzonti e metodi operativi e avevano individuato nel convento di Stignano e in quello di San Matteo, ambedue a San Marco in Lamis, i due maggiori punti di irradiazione in tutta la Capitanata. Erano anche, fra tutti i conventi francescani della Capitanata, i due maggiori punti di aggregazione di pellegrini e fedeli. Il convento di Stignano fu costruito tenendo a mente queste due caratteristiche, come un luogo dove è facile sia l’arrivo che la partenza, dove è facile restare, dove è facile il rapporto umano, ma anche il rigore dell’ascesi; è agevole il passaggio del pellegrini e la loro accoglienza. I Chiostri, concepiti in funzione di intense relazioni umane, son fatti in modo che lo stare insieme e il conversare esprima ampiamente l’esigenza di sintesi e di armonia di cui gli ideali rinascimentali e l’animo francescano sono ripieni. Si moltiplicarono i pellegrinaggi da tutti i paesi vicini, ma anche da quelli lontani. Fino alla metà del sec. XIX fu uno dei più grandi santuari mariani della Capitanata. La festa, che si celebrava il 15 agosto, richiamava per tutta l’estate folle considerevoli; in tale occasione il vescovo di Lucera, nel cui territorio il santuario ricadeva, inviava ben venti sacerdoti che vi svolgessero servizio di confessori. Nei primi decenni del sec. XVII il convento, insieme a quello di San Matteo, divenne noviziato della provincia francescana di Sant’Angelo. Alla fine dello stesso secolo era superiore P. Salvatore da Morrone nel Sannio, di santa vita. Nel 1686 una persistente siccità aveva prosciugato ogni riserva d’acqua mettendo la comunità dei Frati, che non era piccola, in grave difficoltà. Padre Salvatore ricorse alla Vergine di Stignano, e un giorno, dopo aver pregato con confidenza, trovò la cisterna del secondo chiostro colma di freschissima acqua. La fama di quest’acqua miracolosa si sparse dovunque sì che il Barone di Rignano, proprietario delle case addossate al convento, ne portò qualche bottiglia a Napoli dove si ottennero “molte e mirabili guarigioni”, così ricorda il Padre Serafino Montorio nella sua opera Zodiaco di Maria. I Frati di Stignano giravano tutta la Capitanata per la questua ed erano da tutti conosciuti. La loro ospitalità qualche volta procurò qualche imbarazzo come quando, nel 1647, al tempo della rivolta di Masaniello, avendo a Foggia preso il comando della rivolta il “notar” Sabato Pastore, alcuni nobili del capoluogo dauno cercarono a Stignano sicuro asilo. Nel 1774 un Monstrum horrendum marinum, forse un capodoglio, si spiaggiò dinanzi a Rodi Garganico. I rodiani cominciarono a fantasticare che un feroce drago venuto dal mare avesse tentato di assalire la città e portarono a Stignano due ossi del mostro per ringraziare la Madonna dello scampato pericolo. I due reperti, venerati dai pellegrini come reliquie, sono ancora in bella mostra nella sacrestia del santuario. Si disse poi che Satana, travestito da feroce creatura, aveva ingaggiato alle pendici del Gargano una furibonda battaglia con l’Arcangelo Michele. Del mostro non erano rimasti che i pochi ma imponenti resti esposti a Stignano a perenne ammonimento dei cristiani. Alla fine del sec. XVIII fu superiore a Stignano Padre Michelangelo Manicone da Vico, teologo e scienziato, che con la sua opera maggiore, La fisica Appula, iniziò su basi scientifiche la scoperta di quel mondo così diversificato e affascinante che è il Gargano e la Capitanata. Il declino del Santuario di Stignano iniziò nel 1862 quando venne chiuso dalle autorità a causa del brigantaggio allora imperversante. La zona di Stignano, piena di anfratti, dirupi e foreste inestricabili divenne rifugio preferito di fuorilegge e grassatori. Il 15 aprile 1863, sotto il grande arco che unisce la chiesa all’antica casa del Barone di Rignano un colpo di fucile mise fine alla drammatica carriera di Nicandro Polignone, uno dei capi briganti. Lo sparo sacrilego e fratricida lacerò gli echi ancora vivi del salmodiare dei pellegrini. Riaperto nel 1864, fu chiuso di nuovo poco dopo dalle leggi che sopprimevano gli Ordini Religiosi. Iniziò per il glorioso santuario di Stignano un periodo buio e doloroso, che si concluse nel 1953 con la donazione del convento ai Frati Minori di Puglia e Molise da parte dell’attuale proprietario Francesco Centola. Da allora sono stati fatti molti lavori di restauro e ristrutturazione. La chiesa ha ricominciato a funzionare. E’ auspicio di tutti che il santuario di Stignano riprenda in pieno il suo ruolo religioso che la storia gli ha assegnato, quello di essere il primo santuario che i pellegrini provenienti dal nord incontrano sul Gargano.