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Santa Maria delle Grazie – San Giovanni Rotondo

Pubblicato da Redazione Gargano.it il 4 Giugno 2015
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Il convento di Santa Maria delle Grazie a San Giovanni Rotondo iniziò la sua vita nel 1540, quando i Frati Cappuccini, invitati dall’Università, piantarono la croce alla falde del Montenero in un fondo donato da un devoto sangiovannese, Orazio Antonio Landi. Furono costruite le prime casupole. La chiesa fu completata nel 1581. I Frati Cappuccini avevano riportato in quelle terre garganiche, che già vantavano una gloriosa tradizione francescana, gli entusiasmi e la freschezza degli inizi del francescanesimo. Lavoravano e predicavano; questuando spargevano a piene mani il buon esempio e la parola di Dio. I miracoli non tardarono a moltiplicarsi. Nell’inverno del 1548, quando il convento era ancora in costruzione, tanta fu la neve che i frati rimasero chiusi per molti giorni senza poter provvedere neppure ai bisogni più necessari. Intanto pregavano e confidavano nel Signore. Una sera fu bussato alla porta. Erano quattro giovani di aspetto signorile carichi di ogni ben di Dio. In convento nessuno li conosceva. Il portinaio chiese il loro nome e chi li mandasse; ma sparirono silenziosamente e senza lasciar tracce, com’erano giunti. Il giorno dopo una comitiva di paesani, preoccupati per la sorte dei Frati, s’aprì a fatica un sentiero; ma quando arrivarono rimasero meravigliati nel sapere che la Provvidenza aveva già pensato a tutto. Dei quattro giovani nessuna traccia. Si concluse che dovevano essere gli Angeli Custodi mandati da Dio a soccorrere i suoi servi. Da allora gli Angeli furono di casa nel conventino dei Cappuccini. Nel 1575 nel giardino del convento il giovane Camillo De Lellis iniziò il suo cammino di conversione. Il convento fu sede di noviziato, rifugio di anime sante e di spiriti contemplativi. Innumerevoli furono i Cappuccini che si santificarono nel lavoro e nella preghiera. La bufera napoleonica e risorgimentale non risparmiò il piccolo convento. Nel 1810 i Cappuccini dovettero abbandonare il loro amato convento. Vi ritornarono quattro anni dopo per riprendere il cammino con rinnovato slancio. Nel 1866 in seguito alle leggi eversive, i frati ripresero la strada dell’esilio. I decreti di soppressione non risparmiavano neppure i santi. Il quadro della Madonna delle Grazie, titolare della chiesa e del convento, che aveva raccolto le preghiere di molte generazioni di frati, oggetto di vivissima devozione da parte della popolazione di San Giovanni, aveva attirato l’attenzione delle nuove autorità. Fu quindi spogliato della sua sopravveste d’argento di cui era tutto ricoperto, la quale fu inviata a San Marco in Lamis presso il ricevitore delle tasse. In previsione di un saccheggio del convento, diventato terra di nessuno, dopo la partenza dei Frati qualcuno pensò di salvare il quadro della Madonna portandolo nella chiesa di San Nicola a San Giovanni Rotondo. Nel frattempo gli esperti avevano sentenziato che il quadro, essendo di ottima fattura, doveva esser custodito nei musei del Regno. L’ordine di consegnare il quadro sconvolse la vita cittadina riaprendo le ferite ancora sanguinanti inferte il 24 ottobre 1860 quando ventiquattro persone erano state trucidate perché favorevoli all’unità nazionale. Ci furono capannelli e qualcuno minacciò. Il Sindaco, con lettera del 20 gennaio 1867, comunicò al Prefetto il pericolo di rivolte armate che si correva se il quadro fosse stato trasferito altrove. Con molta saggezza il Prefetto decise di soprassedere. Qualche mese dopo, il 9 marzo 1867, fu restituita anche la lamina d’argento e così si chiuse felicemente la vicenda del quadro. Seguì un periodo molto confuso in cui il Comune e la Congregazione della Carità si contendevano l’uso del convento. Nel frattempo il convento e la chiesa erano diventati terreno di libera caccia di profittatori e malfattori. Per custodire il convento e la chiesa il sindaco di San Giovanni non trovò niente di meglio che invitare alcuni Frati Cappuccini a riprendere il loro antico posto. E così i Frati, cacciati nel 1866, nel 1885 erano di nuovo in convento. A quei due frati seguirono altri due, e poi altri tre. Richiamato all’ordine, il sindaco minimizzò facendo notare che in fondo si trattava di due frati vecchi sui quali non valeva la pena accanirsi, i quali occupavano solo qualche stanza. La vicenda si trascinò stancamente tra progetti di riconversione e proposte di vendita. Intanto i frati continuavano a fare i custodi del convento aspettando tempi più favorevoli. Finalmente il 31 gennaio 1909 il sindaco Giovanni Giuliani propose di riconsegnare il convento ai Frati Cappuccini per l’annua pigione di £ 300. Il 10 settembre dello stesso anno venne ricostituita ufficialmente la comunità monastica. Nel settembre del 1916 fu trasferito nel convento di Santa Maria delle Grazie a San Giovanni Rotondo un giovane frate sacerdote dalla salute malferma che si chiamava Padre Pio da Pietrelcina. La storia di Padre Pio da Pietrelcina è troppo nota e complessa per poter essere rievocata in poche righe. Basti dire in questa sede, che Padre Pio ha ridato freschezza al carisma francescano con una vita donata interamente a Dio, con la preghiera assidua e la capacità contemplativa che solo la grazia di Dio intensamente vissuta può concedere. Padre Pio è un punto fermo nella storia religiosa del Gargano perché intorno alla sua figura si è riacceso l’interesse per il cammino religioso, questo indefesso cercare Dio nei meandri della vita plasticamente espresso dal pellegrinaggio. Le compagnie devote hanno ripreso la via del Gargano completando con un santo dei nostri giorni la serie delle figure guida che hanno ispirato nei secoli il cammino dei pellegrini dell’antica “Via Sacra Langobardorum“: l’arcangelo Michele, l’apostolo San Matteo, la Vergine Incoronata. La piccola chiesa è diventata il santuario del mondo dove ai piedi di Maria Santissima delle Grazie genti di tutte le lingue e nazioni pregano con gli affetti, le intenzioni, le sofferenze sempre vive di Padre Pio. Il cuore del santuario, nonostante le grandiose opere costruite intorno, resta ancora la piccola chiesa, semplice e dimessa, com’è nello stile dei conventi cappuccini più antichi. In essa la presenza di Padre Pio con la corona in mano, nel confessionile, è ancora avvertibile. Il santuario si è dotato di strutture in grado di gestire un flusso di diversi milioni di pellegrini. E’ stata innalzata una nuova chiesa molto vasta; sulle pendici del Monte Castellano è stata tracciata una Via Crucis le cui stazioni sono segnate dalle meravigliose sculture di Francesco Messina. E’ in costruzione un’altra grande chiesa per le giornate più affollate. Oggi il convento e la chiesa, insieme alla Casa Sollievo della Sofferenza, ospedale voluto da Padre Pio, costituiscono uno dei complessi santuariali più ampi ed organici di tutta l’Italia Meridionale.