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Da Sperlonga Stingo a Parco Orefice (secondo percorso)

Pubblicato da Redazione Gargano.it il 5 Giugno 2015
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14.S.S. 89 (km 142) Sperlonga Stingo Parco Orefice S.S.89 (km 129+500)

Durata: varia /Difficoltà: facile111

S.S. 89 (km 142) Sperlonga Stingo Parco Orefice S.S.89 (km 129+500)

Accessi:

Itinerario n.12; S.S. 89

Cartografia di riferimento:

Carta I.G.M.I 1:25.000 – Foglio 157 III SO, Monte Sant’Angelo. Carta I.G.M.I 1:50.000 – Foglio 398, Mattinata.

 

Facile itinerario in ambiente rupestre che può compiersi anche ad anello, lasciando la macchina o presso il ponticello (Parco Orefice) o nei pressi della discarica di rifiuti (Sperlonga). È un percorso di interesse ornitologico anche se la presenza umana, soprattutto se non discreta, nel periodo della nidificazione può arrecare disturbo alle specie legate all’ambiente rupestre. È consigliabile nelle giornate più calde, tenendo però ben presente che non esiste la possibilità di fornirsi di acqua durante il percorso.

 

DESCRIZIONE PERCORSO

Giunti a Parco Orefice dal ponticello prendere il sentiero che discende nel canalone. Si prosegue sempre su sentiero ben marcato fino a risalire, nel tratto terminale, il versante orografico destro. Si attraversa un ceduo di leccio, si supera una chiudenda e subito dopo si scavalca un muretto a secco. Il sentiero in questo tratto non è ben marcato, basta però mantenersi a destra del muretto e poco dopo risalire ripidamente passando sotto i fili dell’elettrodotto fino a giungere sulla strada di Sperlonga innestandosi sull’itinerario n. 12, nei pressi della discarica di rifiuti del Comune di Mattinata.

IL PAESAGGIO

Prima di addentrarsi nell’ambiente più propriamente rupestre si procede al riparo di una volta di fitte chiome che offrono un salubre ristoro nella canicola estiva. La copertura è costituita da rigogliose piante di acero campestre, cerro e leccio mentre nel sottobosco, denso e fitto, si rinvengono il prugnolo, il perastro, il rovo, il biancospino, la rosa canina, etc. Più avanti il leccio diviene la specie predominante e costituisce boschi cedui ancora oggi utilizzati per legna da ardere. Dal fondo del vallone magnifica veduta sugli strapiombi rocciosi e i pinnacoli circostanti, mentre echeggiano le grida rauche del corvo imperiale ed in alto volteggia la poiana. Le tracce del passaggio di un vecchio incendio sono tuttora impresse sui resti di un leccio annoso (si incontra dopo 15-20 minuti di cammino) nei cui pressi vegetano alcune piante di fico rinselvatichite e di orniello, mentre la vitalba a mo’ di liana avvolge gli alberi di maggiori dimensioni.
Nel folto delle chiome riposano numerosi colombacci e la presenza umana viene tradita dalle grida di numerose ghiandaie. Da un ambiente che conserva elementi di scarsa antropizzazione (almeno per quanto riguarda l’itinerario qui proposto) si passa poi ai segni discreti dell’attività umana (muretti a secco, pastorizia), per incontrare infine uno dei suoi aspetti più degradanti: una discarica, libera, di rifiuti spesso pascolata da animali domestici.